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Altri fossili molto caratteristici sono le amminiti, presenti nel Museo con diverse specie (non tutte classificate) tra cui Marpoceras falcifer proveniente dal Giura inferiore (180 MA) della Germania. Questi molluschi della classe dei cefalopodi hanno popolato con un gran numero di specie i mari dal Devoniano (410 MA) al Cretaceo (65 MA), periodo in cui si estinsero insieme a molti altri organismi viventi (dinosauri ecc.). La loro importanza è dovuta anche al fatto che sono fossili guida, cioè fossili che permettono di datare la roccia in cui vengono ritrovati.

I vertebrati terrestri sono rappresentati da un molare e da un acetabolo (cavità dell'anca in cui si articola la testa del femore) di mammuth (Mammuthus primigenius) risalenti a circa 50.000 anni fa.

L'altra parte della collezione contiene attualmente oltre un centinaio di fossili rinvenuti nel Salento. Parte di essi proviene dalla collezione di Liborio Salomi, insigne naturalista salentino che insieme a O. G. Costa, M. Marinosci e C. De Giorgi, per citarne alcuni, fa parte di quel gruppo di studiosi che hanno posto le basi per una conoscenza sistematica ed approfondita del Salento nei suoi più vari aspetti (geografici, geologici, zoologici, botanici, ecc.).

Si tratta quasi esclusivamente di fossili di organismi marini la cui classificazione è in via di completamento, anche se in alcuni casi ciò risulta problematico a causa dello stato del fossile o perché sconosciuta la provenienza.

Attraverso i fossili è possibile ripercorrere le tappe principali della storia geologica salentina, infatti le rocce in cui essi si rinvengono erano, prima di diventare tali, il fondo di un mare che, a partire dal Cretaceo superiore (circa 70 MA), ha in più riprese sommerso, parzialmente o totalmente, il Salento. I più antichi fossili salentini risalgono, quindi, al Cretaceo superiore. Tra essi particolare importanza assumono le rudiste, molluschi bivalvi costruttori di scogliere attualmente estinti. E' degno di nota il grande esemplare proveniente dalla zona di Poggiardo, in cui è ben evidente la grande valva a forma di calice, con cui si fissava al substrato, e la valva libera, molto più piccola e trasformata in opercolo.

Molto interessanti sono i coralli (esacoralli, ordine Scleractinia) di tipo coloniale, che nell'Oligocene superiore (circa 25 MA) costituivano una estesa scogliera corallina in corrispondenza dell'attuale fascia costiera a sud di Otranto.

Dalla Pietra Leccese, una roccia di età miocenica (circa 7-17 MA), provengono numerosi fossili di molluschi, nonché i resti di pesci ossei (osteitti) non classificati, alcuni denti di cetacei odontoceti, vertebre e denti di squali, tra cui l'incredibile dente di Carcharodon megalodon, uno squalo lungo anche 15 metri, e forse più.

Risalgono invece al Pleistocene inferiore (circa 1 MA) i fossili di quelle specie che vivevano in un mare poco profondo e che di lì a poco si sarebbe ritirato verso l'attuale linea di costa. Tra queste segnaliamo gli echinidi, con un riccio di mare incastonato come un gioiello in una calcarenite (roccia localmente nota come «tufo»); tra i molluschi Arctica islandica, un bivalve indicatore di clima temperato-freddo che migrò dall'Atlantico nel Mediterraneo durante le glaciazioni quaternarie; tra i branchiopodi Terebratula scillae, dalla classica conchiglia con la valva ventrale provvista di un umbone perforato attraverso il quale passava il peduncolo con cui l'animale si fissava al fondo marino.

Molto ricca e perfettamente conservata è la malacofauna proveniente dalle argille pleistoceniche presenti in alcune cave del territorio di Cutrofiano. Tra i gasteropodi ricordiamo Xenophora crispa, con la tipica conchiglia mimetizzata da frammenti di altre conchiglie che l'animale provvedeva a saldare sopra, Aporrhais pespelecani simile alla zampa di un uccello o Naticarius millepunctatus che presenta ancora la punteggiatura originaria. Anche i lamellibranchi sono rappresentati da diverse specie, tra cui Glossus humanus, che è presente sia come modello interno che con la sua elegante conchiglia dagli umboni pronunciati e parzialmente avvolti a spirale; Mya truncata, la cui particolarità è che si rinviene nei sedimenti argillosi nella stessa posizione che aveva più di un milione di anni fa, quando viveva infossata in fondali fangosi. Sempre dalle argille pleistoceniche di Cutrofiano provengono gli scafopodi del genere Dentalium, o i coralli isolati del genere Caryophyllia.

Non sono invece dei fossili, nel senso che normalmente si dà al termine, le strane strutture che sembrerebbero dei legni pietrificati e che provengono dalle sabbie pleistoceniche di S. Pietro in Lama. Si tratta infatti di bioturbazioni, cioè particolari strutture sedimentarie formatesi in seguito all'azione di organismi (crostacei decapodi del genere Thalassinoides) che scavavano gallerie, turbando lo stato fisico del sedimento e provocando una maggiore cementazione dello stesso.

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Uovo Preistorico
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Marpoceras falcifer
(Giurassico inf.)
 
Diplomistus dentatus
(Eocene)
 
Xenophora crispa
(Pleistocene inf. - Salento)
 
Frammento di palco di cervide
(collezione Salomi)
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ultimo aggiornamento
31 Agosto 2006